La cronaca di questi giorni ha portato alla ribalta quanto sta avvenendo nei paesi del Nordafrica e in Siria. In molti paesi islamici si stanno verificando fermenti di varia natura. Il flusso migratorio verso i paesi europei è notevolmente aumentato e l’Italia, porta dell’Europa, si trova a dover gestire tale flusso, cercando un non facile equilibrio tra accoglienza e legalità.
La presenza dei fedeli di Allah in Europa, a prescindere dai recenti avvenimenti e dalla guerra in Libia, da anni è comunque in costante crescita. Si tratta, secondo le statistiche e con tutti i limiti che questo tipo di calcoli comporta, di circa 20 milioni di persone. In Italia la religione islamica annovera circa 1 milione e mezzo di credenti e costituisce di fatto, dopo la fede cattolica, il secondo credo praticato nella nostra penisola.
Già nel 1990, il card. di Milano Carlo Maria Martini poneva ai fedeli della sua diocesi queste domande: “Che cosa pensare dell’Islam in quanto cristiani? Perché Dio ha permesso che l’Islam, unica fra le grandi religioni del mondo, sorgesse sei secoli dopo l’evento cristiano? Che senso può avere nel piano divino il sorgere di una religione in un certo modo così vicina al cristianesimo e insieme così combattiva, così capace di conquista, tanto che alcuni temono che essa possa, con la forza della sua testimonianza, fare molti proseliti in un’Europa infiacchita e senza valori?”
Effettivamente, riprendendo le parole del cardinale, l’Europa (e l’Italia) che si presenta ai musulmani, è da una parte attraente e seducente, per le possibilità che offre, il suo tenore di vita, la sua tecnologia, il suo grado di istruzione; dall’altra presenta, come più volte sottolineato dal Santo Padre Benedetto XVI, un preoccupante vuoto di valori morali e religiosi, che finisce per “spaventare” i fedeli musulmani che vivono in mezzo a noi. Per un frainteso concetto di libertà, i diritti umani che sono evidentemente un bene e un frutto della cultura e dell’antropologia cristiana che ha fermentato per secoli questa nostra Europa, svuotati della loro anima, stanno progressivamente andando verso una deriva nichilista e edonista, che da una parte mette in serio pericolo il rispetto della vita umana, soprattutto nei momenti di maggiore debolezza, e dall’altra trasforma i capricci in diritti da promuovere sempre e comunque.
L’Europa che i fedeli in Allah incontrano non è l’Europa “crociata” di Lepanto o di Vienna e non è neppure l’Europa cristiana di san Francesco o san Camillo. È piuttosto un’Europa post-cristiana che ha smarrito le sue radici, è che sembra non avere di meglio da offrire, ai suoi cittadini e a coloro che si preparano a diventarlo, che un materialismo edonista, fatto di consumismo e piaceri a buon mercato, abdicando a quelle domande di senso che albergano nel cuore di ogni uomo, cattolico, musulmano o ateo che sia.
Come cristiani è urgente allora chiederci: abbiamo altro da offrire a questi nostri fratelli? Un dialogo è possibile? Ci sono valori comuni che possano favorire un incontro e scongiurare quello scontro di civiltà che a molti sembra l’unica soluzione possibile (e da qualcuno ritenuta addirittura auspicabile)? Un missionario italiano che ha vissuto per tanti anni in paesi islamici diceva che per incontrare veramente l’Islam dobbiamo ritornare a Cristo, perché non ci può essere un incontro autentico rinnegando la propria identità.
Questa sesta ed ultima giornata di formazione vuole rappresentare un modesto contributo per una migliore conoscenza della religione islamica e allo stesso tempo tentare di indicare almeno alcune delle vie praticabili per costruire i presupposti adeguati di una sana convivenza tra cristiani e musulmani, rinforzando il nostro legame con Cristo, che per noi rimane il vero fondamento della fraternità e il Principe della Pace (Is 9,5).
Nella relazione della mattina cercheremo di capire quanto sta avvenendo attualmente nei paesi nordafricani e affronteremo il tema delle minoranze cristiane in terra d’Islam. I recenti casi di Asia Bibi e del ministro pakistano Shabbaz Bhatti, ucciso nel marzo scorso, ci testimoniano che la situazione dei nostri fratelli nei paesi islamici è spesso particolarmente difficile, anche e soprattutto per ragioni di carattere religioso, che si intrecciano come è tipico in quei paesi con quelle politico-sociali. Il dott. Paolucci, profondo conoscitore dell’Islam e giornalista di Avvenire, ha scritto diversi contributi sull’argomento, dedicando anche un libro, insieme al libanese Camille Eid, ai casi di conversioni dall’Islam al Cristianesimo, che spesso prevedono, nella legislazione o nella prassi locali, sanzioni molto dure, compresa la pena di morte.
Nel pomeriggio, il nostro assistente ecclesiastico mons. Giuseppe Tonello ci aiuterà a gettare uno sguardo sulla fede dei credenti in Allah, tentando un approccio fondato sul confronto teologico e conseguentemente antropologico, che ci aiuti a mettere in luce alcuni punti critici.
Delineando il volto di Dio e il volto dell’uomo nell’Islam e nel Cristianesimo, andremo alla scoperta, anche alla luce del Magistero, delle vie percorribili per un fecondo incontro e dialogo, evitando qualsiasi concessione al fondamentalismo e al tempo stesso non lasciandoci neppure tentare da facili irenismi, che – mettendo totalmente tra parentesi le differenze – finiscono in realtà per svuotare la fede anche delle sue ricchezze e dei suoi contenuti essenziali per la costruzione di un futuro comune.
Casa Santa Francesca Romana, via dei Vascellari 61 (Trastevere)
SABATO 11 GIUGNO 2011
Sul tema
IL VOLTO DI DIO
Riflessioni per un dialogo tra i fedeli di Cristo e i fedeli di Allah
Programma
10:00 Messa feriale nella cappella della Casa
10:30 Prima relazione
CRISTIANI IN TERRA D’ISLAM
(dott. Giorgio Paolucci, scrittore e giornalista di Avvenire)
13:00 Pranzo in loco
15:00 Seconda relazione
IL VOLTO DI DIO E IL VOLTO DELL’UOMO NEL CRISTIANESIMO E NELL’ISLAM
(Mons. Giuseppe Tonello, cancelliere del Vicariato di Roma e assistente dell’Associazione Archè)
Modera il dott. Luca Teofili, presidente dell’associazione Archè